Puiatti: «Io e Italo, uomini da marciapiede»

IL MESSAGGERO VENETO (Pordenone) 12/03/2011 – Puiatti: «Io e Italo, uomini da marciapiede»

Sgomento l’ex consigliere regionale: «I salotti proprio non ci appartenevano»

«Io e Italo, due uomini da marciapiede, non da salotto». L’ex consigliere regionale, Mario Puiatti, è sgomento per una morte improvvisa, che non ci si aspettava. Un decesso che ora obbliga a srotolare il nastro della memoria.

Quando incontrò per la prima volta Corai? «L’ho conosciuto alla fine del 1973. Avevo affittato, per un sabato pomeriggio, il teatro Verdi, spendendo di tasca mia 5 milioni di allora, dove si tenne una manifestazione in difesa del divorzio. All’ingresso era stato lasciato un questionario: chi voleva collaborare poteva segnalare il suo nominativo. Raccolsi 180 schede, tra le quali quella di Italo che incontrai alla Casa dello studente dopo poco. Da allora le nostre strade non si sono mai separate. Nel ’74 abbiamo fondato la prima sezione radicale, nel ’79 la lista per l’alternativa, nel ’90 i Verdi colomba, passando per tanti referendum».

La sua personale sensibilità lo portò a farsi promotore di tante iniziative per la difesa degli omosessuali… «Sarebbe però sbagliato circoscrivere il suo impegno solo a quel campo. In realtà lui è stato un uomo che si è impegnato per l’affermazione dei diritti civili a tutto campo. Certo, è stato un omosessuale che ha lottato in piazza, ma anche in privato. Ricordo l’assistenza personale che diede ai primi malati di Aids: era presente in quelle stanze d’ospedale più che i parenti degli ammalati che avevano paura di avvicinarsi. Italo era un laico impegnato, una persona colta e disponibile, che dava senza ricevere in cambio prebende o incarichi in enti o consigli di amministrazione».

Quali battaglie ricorda ora che non c’è più? «Tante. Solo per citarne alcune, contestammo insieme al Fronte radicali invalidi l’inaugurazione di un sottopasso nel 1978 perché costruito con le barriere architettoniche. Ci portò via di peso la polizia. Oppure quella volta che strappammo davanti ai giornalisti i manifesti comunali del IV Novembre affissi abusivamente. Il procuratore presso la Pretura di allora ci denunciò. Fummo rinviati a giudizio e subimmo nove processi, anche per il cambio del capo d’imputazione, fino alla Corte costituzionale, ma fummo assolti».

Che atteggiamento aveva la città nei suoi confronti? «A parte qualche episodio di discriminazione, tutto sommato banale, era una persona stimata, a partire dai genitori dei suoi allievi e dai suoi colleghi. Oggi si parla tanto di Pordenone come una città aperta: ebbene se c’è stata una crescita culturale e civile lo si deve in parte anche a lui. Resta, però, una beffa».

Quale? «Italo non potrà essere cremato a Pordenone, dove non è attivo alcun impianto, nonostante vent’anni di battaglie». (ste.pol.)

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