Fonsai affonda. Authorities, andate a bordo, cazzo!

 

di Walter Mendizza – Pochi giorni fa sul “Financial Times” Beppe Severgnini ha scritto un articolo riguardante la tragedia del Giglio dove si diceva che l’Italia ha una sorta di dono per cacciarsi in guai spettacolari. Tutti i paesi hanno problemi ma quando si tratta del nostro, chissà perché si producono immagini perfette per i media in tutto il mondo: i rifiuti di Napoli; le escort di Berlusconi, e ora le immagini impressionanti di questa immensa nave da crociera, “spiaggiata come una balena bianca davanti a un’isola nel mar di Toscana”.

Severgnini spiega che la tentazione di lanciarsi in metafore monetarie sull’«Italia che affonda» c’è, ma bisogna resisterle. Forse ha ragione, però resistere alle metafore sul nostro Paese che affonda non significa che non ci si possa abbandonare alle reali (non metafore) aziende nostrane che si inabissano perché capitanate da comandanti alla Schettino. Se è vero che la nave Costa Concordia si sia avventurata in acque poco profonde per compiacere qualcuno e fare bella figura (il c.d. sail past, o inchino) esibendosi con luci e sirene, non vedo perché si debba crocifiggere il povero Schettino, noi italiani siamo fatti così. La tendenza teatrale a voler sempre compiacere è la radice dei nostri guai. E quando si dirigono grandi aziende è come se si capitanassero navi come la Costa Concordia, eppure il sail past è all’ordine del giorno.

E’ dovuto a questa nociva tendenza teatrale del “voler compiacere” se poi tutto va a ramengo, perché essa sta alla base delle apparenze, della superficialità, dei controlli di facciata, degli accertamenti disattenti, ma paradossalmente è proprio su questa superficialità che gli azionisti sono disposti a pagare stipendi di milioni di euro a manager “schettiniani”. Perché lo scopo è sentirsi dire quello che vogliono: che tutto va bene madama la marchesa! Il manager nostrano si comporta come nel film di Alberto Sordi “Un americano a Roma”: fa il gradasso e poi appena qualcosa non va, scappa saltando su un’altra nave; tanto le malefatte le metteranno a posto gli altri.

Chi invece lavora duramente e produce ma notifica le cose che non vanno, viene automaticamente bollato come un rompipalle nel migliori dei casi o altrimenti preso a calci e mandato via. Gli azionisti cialtroni non vogliono sentirsi dire cose sgradevoli. Questo spiega perché alcuni manager compiacenti guadagnino tanto. Non c’è da sorprendersi che, ad esempio, la compagnia di assicurazioni con le peggiori performances (la FonSai) riconosca ai suoi manager i maggiori compensi in assoluto. Infatti al primo posto c’è Fausto Marchionni che ha guadagnato nel 2010 oltre 5 milioni di euro! Al terzo posto c’è la Giulia Maria Ligresti di Premafin che controlla FonSai (con quasi 3 milioni di euro), al quarto Mazzucchelli che adesso è in Cattolica ma era stato al libro paga dei Ligresti e di Marchionne e al quinto posto, Emanuele Erbetta, della Milano Assicurazioni, ancora una volta nell’orbita dei Ligresti.

Nell’orbita dei Ligresti gira anche l’amicizia con Laura De Cicco, che a molti non dirà niente, ma si tratta della moglie dell’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa che peraltro era presente qualche giorno fa al vertice in Unicredit sul riassetto del gruppo. Laura De Cicco, attraverso una misteriosa fiduciaria finita in procedura fallimentare, è la seconda azionista con il 34% della finanziaria Quintogest (il primo azionista è FonSai con il 49%) una società che è storicamente in perdita ma garantisce ottimi stipendi ai consiglieri e che come mestiere eroga credito a fronte della cessione del quinto dello stipendio. Anche in questo caso il gruppo FonSai è in prima linea a finanziare questa società in perdita.

Sembra sia una specialità di FonSai sperperare i soldi degli azionisti: l’acquisto di 4 cavalli di razza per Lionella, la figlia amazzone di Ligresti, le campagne pubblicitarie della Gilli Comunication di proprietà dell’altra figlia Giulia Ligresti, l’acquisto di Atahotels cui fu subito necessario coprire 17 milioni di svalutazione e nel 2010 affrontare una perdita di 52 milioni di euro, e poi l’acquisto dell’assicurazione serba Ddor Novi per 250 milioni e svalutata di 140 (più della metà) in poco tempo. Ma cosa devono fare i piccoli azionisti di minoranza che ogni volta sono costretti a mettere mano al portafoglio per ricapitalizzare FonSai che elargisce miliardi a manager buoni a nulla o capaci di tutto?

Infine, di fronte alla nave che affonda ecco che appare all’orizzonte un salvataggio singolare: la fusione assicurativa con Unipol. Un “pacco” confezionato da Unicredit e Mediobanca che non tiene conto dell’andamento attuale dei mercati e che contiene una vergognosa liquidazione di 100 mln alla famiglia Ligresti per uscire dal controllo del gruppo, una liquidazione d’oro a chi ha saccheggiato a man bassa la compagnia mandandola in rovina. Allucinante. E’ il più grande scandalo finanziario degli ultimi anni.

Che dire poi dell’esposizione che le nostre banche avranno nei confronti di Premafin? Si tratta di una quota pari al 100%, esagerata per una società praticamente fallita che vanta un debito immenso e allarmante. Che senso ha esporsi così per una compagnia praticamente fallita? Solo uno: fregare i piccoli azionisti che, come sempre, sono quelli che pagheranno, dato che hanno investito su una compagnia e poi alla fine, si trovano con un’altra.

Cosa aspettano la Consob e l’Antitrust per salire a bordo della nave FonSai? Quante regole finanziarie devono ancora essere infrante? E possibile lasciare che Mediobanca sia azionista di Generali e di FonSai contemporaneamente? E cosa faranno con le piccole compagnie periferiche come le triestine Sasa e Sasa Vita che dopo essere state acquistate sono state spolpate facendo risultare utili fasulli con il gioco delle riserve? L’unico ranking che la Sasa ha scalato è stato quello delle multe comminate dall’Isvap, oppure uno ancora peggiore: quello di fregare i riassicuratori dato che per pagare l’ATR caduto nel Kosovo senza aver incassato il premio assicurativo hanno mentito ai riassicuratori.

Allora signori dell’Isvap, volete accomodarvi per vedere le porcate fatte? O volete tutti quanti ancora una volta saltare le regole finanziarie, approvare la fusione, senza vedere le rocce che stanno sotto? Non potete continuare a sperare che la nuova nave più grande ancora (quella Fonsipol – Nonsepol) proprio perché gigantesca navighi in acque più sicure. Dovete avere il coraggio di denunciare le porcate.

Signori procuratori della Repubblica, signori delle Authorities, Consob, Antitrust, Isvap, per favore salite a bordo, salite una buona volta su questa FonSai e guardate il marcio putrido, avariato e decomposto che è stato prodotto in tutti questi anni. Gli azionisti, gli impiegati e gli assicurati vi chiedono di comportarvi come il capitano Gregorio De Falco che grida al telefono: «Vada a bordo, cazzo!». Perché in fondo è lì che vogliono stare: a bordo, sicuri in una grande compagnia senza rischiare di rovesciarsi e poi affondare.
Andate a bordo, cazzo!

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