Lo sciopero dei pasti nelle celle del Coroneo

IL PICCOLO (Trieste) 17/08/2017 – Lo sciopero dei pasti nelle celle del Coroneo

Otto detenuti su dieci hanno avviato una protesta che durerà cinque giorni
No al cibo e oggetti metallici sbattuti contro le sbarre. Diverse le motivazioni

di Giuseppe Palladini

Sciopero dei pasti al carcere del Coroneo. Da ieri, e per quattro, cinque giorni, circa l’80 per cento dei detenuti – attualmente 202 a fronte di una capienza massima di 155 – rifiuta il vitto e contemporaneamente, all’ora dei pasti verso le 12 e verso le 17, fa sentire la propria protesta battendo sulle sbarre delle celle con oggetti metallici.Di natura diversa le motivazioni dell’agitazione. Secondo quanto riferisce la direttrice del carcere Silvia Della Branca (che è anche responsabile del penitenziario di Tolmezzo), metà degli aderenti alla protesta, circa 80, non ha spiegato le ragioni per cui sciopera, un quarto protesta contro “il sistema”, mentre i restanti 40 aderiscono all’iniziativa indetta a livello nazionale dalla parlamentare radicale Rita Bernardini per sollecitare il governo ad approvare i decreti attuativi sulla riforma dell’ordinamento penitenziario.

In relazione a quest’ultimo aspetto della protesta, Bernardini ha dichiarato che «il sovraffollamento è in rapida ripresa, con punte che in alcune strutture toccano il 200 per cento. Nelle carceri italiane – ha aggiunto – il 35% dei detenuti è in attesa di giudizio. E molti di loro saranno riconosciuti innocenti o comunque scarcerati in sede giudiziale».Anche il Coroneo soffre i problemi del sovraffollamento, con un 30 per cento oltre la capienza prevista. Problemi che quotidianamente deve affrontare la polizia penitenziaria, i cui numeri sono inferiori a quanto stabilito nella pianta organica: attualmente, al Coroneo, operano 129 agenti rispetto ai 147 che dovrebbero essere in servizio. Ogni tanto le richieste di trasferimenti, avanzate dalla direzione attraverso il Provveditorato triveneto, vengono accolte, ma non si tratta di cifre sufficienti a risolvere il problema. «Trattandosi di una struttura circondariale – spiega la direttrice – riceviamo continuamente nuovi detenuti».

E il quadro degli “arrivi” è aggravato dal fatto che il Coroneo dispone dell’unica sezione femminile presente nell’intero Friuli Venezia Giulia.Tornando alle ragioni della protesta, il fatto verificatosi nella giornata di Ferragosto (di cui riferiamo a parte) non viene messo da Della Branca in relazione con l’agitazione dei detenuti, ma la direttrice stessa assicura che «ci adopereremo perché quel detenuto venga trasferito». In questo caso non si tratta di sovraffollamento – l’uomo è detenuto nella sezione a “regime chiuso”, dove ci sono solo celle singole – ma è un dato di fatto che le continue urla del recluso, sia di giorno sia soprattutto di notte, creano non poco disturbo a tutti gli altri carcerati, e pure agli abitanti dei condomìni adiacenti il penitenziario, che in passato si sono già lamentati per altri casi simili.La tensione continua dunque a caratterizzare le carceri, come rileva anche il segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), Donato Capece.

«Le carceri – afferma – sono più sicure assumendo gli agenti di polizia penitenziaria che mancano, e finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza. Altro che la vigilanza dinamica – aggiunge – che vorrebbe meno ore i detenuti in cella, senza però fare alcunchè. Non ci si ostini a vedere le carceri con l’occhio deformato dalle preconcette impostazioni ideologiche, che vogliono rappresentare una situazione di normalità che non c’è».Se da un lato è iniziata l’agitazione dei detenuti, dall’altro a protestare per le condizioni di lavoro «sempre meno sopportabili» sono anche gli agenti delle polizia penitenziaria. «Da Perugia a Verona, da Prato a Piacenza, da Rieti a Cassino, da Frosinone a Gorgona – ricorda Capece – sono in atto mobilitazioni della polizia penitenziaria. Numerose aggressioni violente nei confronti del personale generano allarme fra gli stessi agenti, nell’apparente disinteresse – conclude – dell’amministrazione penitenziaria e del mondo politico».

Una lunga serie di battaglie per avere condizioni più vivibili e ottenere l’amnistia

Le lenzuola incendiate nel 2000

Non solo sciopero della fame, ma anche pentole e oggetti metallici sbattuti per ore contro le sbarre, lenzuola incendiate, cartacce lanciate nel cortile, fino alle urla di massa, scandite dalle finestre delle celle per attirare l’attenzione dei passanti. Sono tante le forme che hanno assunto negli anni le proteste degli “ospiti” del Coroneo, che periodicamente alzano la voce sui problemi che affiggono il sistema carcerario italiano, in primis il sovraffollamento e la richiesta di amnistia.Una delle proteste più eclatanti nella casa circondariale triestina risale proprio al giugno del 2000: al grido di «amnistia» e «libertà», decine di detenuti si erano arrampicati sulle finestre delle celle, iniziando a battere ritmicamente pentole e piatti di metallo sulle sbarre, mentre altri avevano incendiato lenzuola e pezzi di carta lasciandoli cadere nel cortile.

Due ore di forte tensione, fortunatamente senza incidenti, per quella che fu la prima rivendicazione di questo tipo in Italia. La sera dopo la protesta si era ripetuta, seppur con toni meno accesi, accompagnata dallo sciopero della fame, quello delle attività lavorative e degli incontri con i familiari.Nel 2009 a passare alle cronache era stata invece la protesta di un singolo detenuto, che aveva iniziato una sua personale battaglia rifiutando il cibo per diversi giorni: malato di epatite e condannato a cinque anni di carcere per rapina a mano armata a una banca, l’uomo voleva avere gli arresti domiciliari per poter stare accanto ai figli piccoli e alla moglie malata.Passano due anni e le luci sul carcere del Coroneo si riaccendono per una nuova, forte protesta dettata dal sovraffollamento. Come avviene anche oggi, la battaglia era partita a livello nazionale, guidata da Marco Pannella che aveva iniziato uno sciopero della fame con l’obiettivo di ottenere l’amnistia o l’indulto.

A giugno 2011, quindi, l’onda lunga dello sciopero della fame iniziato in aprile da Regina Coeli era arrivata anche in via Coroneo. Quasi tutti i 200 detenuti, all’arrivo del carrello con il pranzo, avevano deposto forchette e cucchiai e allontanato le scodelle con il cibo. Le posate erano state usate, anche in quell’occasione, per fare invece rumore contro le sbarre, attirando l’attenzione dei passanti.Un copione che si era puntualmente ripetuto anche l’anno successivo: nel luglio 2012, dopo essersi affacciati in massa alle finestre delle celle, i detenuti avevano iniziato a gridare da dietro le inferriate le parole «amnistia» e «libertà», sbattendo le pentole per fare rumore e tentando di attirare l’attenzione con degli accendini. Il problema, anche qui, era sempre il sovraffollamento, con 240 “ospiti” a fronte di una capienza di 155 persone.L’ultima “battaglia” carceraria in ordine di tempo ha, però, tutt’altra motivazione: si tratta della protesta pacifica messa in atto nel luglio appena passato nei confronti di un detenuto “urlatore”, che per quasi un mese ha messo a dura prova i 200 carcerati in via del Coroneo. Dopo settimane di urla notturne, i detenuti hanno chiesto (e ottenuto) il suo trasferimento.

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