Walter Mendizza – Fonsai e la stanza del buco

di Walter Mendizza
Sono più di dieci anni che vengo denunciando quella che considero la peggior compagnia di assicurazioni che io abbia mai visto in vita mia. L’attuale Fonsai. Eppure ne ho viste di compagnie. In Venezuela, Perù, Portogallo, Spagna e persino in Turchia. Ma come Fonsai nessuna. Per aver denunciato il comportamento da sgherri che la dirigenza della SAI aveva avuto nel 2000 con la piccola compagnia triestina Sasa, appena acquistata, non solo venni licenziato, ma addirittura denunciato perché avevo offeso l’onore di qualche dirigente (di cui non avevo neppure fatto il nome). Reo di non essermi voluto adeguare alle loro malefatte.

I dirigenti della piccola compagnia triestina sono stati vittime di una associazione per delinquere fatta di manager che licenziavano in tronco coloro che non cantavano in coro, mentre pagavano a peso d’oro gli intortati che commettevano le peggiori porcate. L’associazione per delinquere ha poi smesso di tormentarmi con denunce e querele quando incominciai a scrivere qui su Notizie Radicali. Da questo punto di vista N.R. non solo dà voce ad aspiranti giornalisti d’inchiesta, ma si rivela una forte assicurazione (siamo in tema!) contro le vessazioni di una classe dirigente buona a nulla e capace di tutto.

Così, qualche anno dopo le denunce e la chiusura del mio sito, iniziai a scrivere su N.R. con un’accusa a Fausto Marchionni il 9 gennaio del 2007 in un articolo intitolato Capitalismo Predatorio e poi continuai con esempi concreti di brigantaggio assicurativo come negli articoli del 5/11 e del 22/12 del 2009. Adesso che sono finalmente venuti fuori i buchi colossali nei bilanci, viene da sorridere tornando indietro con la mente al 30 novembre 2006, quando le Relazioni Esterne e Comunicazione del gruppo assicurativo Fondiaria-Sai mandarono una comunicazione (la n° 12) a tutti i dipendenti del Gruppo e alle Agenzie, nella quale si informava che la compagnia nata dalla fusione della fiorentina Fondiaria e della torinese Sai, era stata insignita dal Magnifico Rettore dell’Università Bocconi, dell’oscar di bilancio (!) per la categoria “imprese di assicurazioni”: un riconoscimento promosso da FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana – per premiare le imprese che redigono il proprio bilancio (udite udite) in modo trasparente, esaustivo e con una particolare attenzione alla comunicazione (!!)

Forse ai milioni di piccoli azionisti che hanno visto crollare il prezzo delle loro azioni, non verrà da sorridere ricordando questa comunicazione. Certo che il Magnifico Rettore della Bocconi prese un bel granchio quel giorno. La fede inconcussa nei nuovi baroni fu repentinamente scalzata dalle colossali sanzioni per operazioni poco trasparenti: in quel periodo, a pochi anni dall’acquisto di Sasa, la compagnia triestina  guidata dal nuovo management si buscò la più grande multa nella storia delle assicurazioni mai comminata dall’Isvap. Come ho già ricordato in un articolo precedente, Marchionni fu il manager meglio pagato di tutte le compagnie del mercato: nel 2010 prendeva uno stipendio di oltre 5 milioni di euro, primo nel ranking. E certo non è casuale che a pagarlo a peso d’oro fosse la compagnia con le peggiori performances del mercato.

Marchionni, uomo pratico, capì subito che forse di assicurazioni noi triestini qualcosa ne capivamo date le varie decine di compagnie che c’erano in città già dall‘800, mentre nello stesso periodo il Piemonte saccheggiava il Sud come Tamerlano, Gengis Khan e Attila, e incarcerava i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, con fucilazioni di massa. Qualcosa di quella ferocia dev’essere rimasta, perché Marchionni decise di farci fuori e per farlo diede il potere ad alcune satrapie senza scrupoli che si disfecero subito di tutti noi, nel modo più infame, disonesto e ignobile, mentendo spudoratamente su tutto e con la complicità di una magistratura del lavoro appena arrivata in città, che non aveva mai giudicato casi del genere e che di assicurazioni era totalmente a digiuno. Tuttavia l’oratoria magniloquente degli avvocati che accusavano la vecchia dirigenza di nefandezze inesistenti, assieme ai quaquaraquà paracadutati con dichiarazioni fasulle e menzognere, fece sì che il disegno si compisse: la vuota retorica trasformò i rutti in do di petto.

Poi, negli anni successivi, decisi di parlare dei falsi in bilancio e delle azioni disoneste. Insomma oltre una dozzina di articoli e tutti quanti a denunciare nefandezze di ogni genere e una classe dirigente che non sapeva fare nulla, non sapeva creare, non sapeva inventare, non sapeva fare impresa. Come barboncini sapevano solo scodinzolare e dopo i primi simpatici ossequi, dopo le prime riverenze, nulla fu prodotto. Cosicché i quaquaraquà se ne andarono, ma facendosi pagare. Il capitalismo  ha di buono che è totalmente democratico: alla lunga se non vali, non ti salvi. Il problema è che nel nostro Paese non è possibile capire se uno vale o no perché, a differenza del resto del mondo, i risultati negativi di un’impresa non fanno storia: c’è sempre un perché o un percome che giustifica la performance avversa e se poi questa continua, allora niente paura, i manager saltano su un altro treno e la storia ricomincia magari con uno stipendio migliore. Nessun marchio di incapacità.

Ho anche concluso che i buoni a nulla si avvitano quando viene fatto notare loro che le cose non si fanno così, e finiscono per coltivare un fondamentalismo d’accatto, cinico e grottesco, talmente ottuso che sembrano avere un rapporto bovino con la pratica dell’amministrazione e la ragion di stato, immune da dubbi e suggestioni, tipica di chi ha carenza di aminoacidi essenziali, di chi mangia anabolizzanti per bestiame di allevamento. C’è una buona parte della dirigenza Fonsai in queste parole.

Tutto detto e scritto in tempi non sospetti; prima sul mio sito www.waltermendizza.it e poi su N.R. in queste date: 9/01/2007, 21/05/2008, 5/11/2009, 22/12/2009, 17/11/2010, 26/01/2011, 5/04/2011, 19/04/2011, 30/06/2011, 20/07/2011, 29/09/2011, 24/01/2012
Adesso finalmente i principali giornali cominciano a parlare di questo. Repubblica, Il Sole 24 Ore e pochi giorni fa anche Riccardo Sabbatini sul Corriere della Sera ha parlato di debole governance della compagnia e di conflitti di interesse dei suoi soci di maggioranza (i Ligresti) nonché del disinvolto utilizzo delle risorse aziendali e delle paghe fuori mercato dei suoi manager… Sabbatini aggiunge anche che 790 milioni dei 1100 di perdite prestimate dalla compagnia per il 2011 derivano da un rafforzamento delle riserve sinistri della RC Auto.

Certo che per uno che ha lavorato in compagnie di assicurazioni, un ritocco del genere è stupefacente, soprattutto perché ce n’era già stato un altro (ritocco) per 616 milioni nel 2010. Viene da chiedersi: ma con quali criteri stimano le riserve in Fonsai? Che mal di pancia poteva mai avere l’attuario incaricato, per sbagliare così tanto i calcoli? E dove sono andate tutte le funzioni aziendali preposte al controllo? Un simile buco nelle riserve non si improvvisa da un giorno all’altro dice Sabbatini. Ed ha ragione. Ma l’Isvap dov’era? Desaparecido. Come quando il sottoscritto si era opposto alla fusione tra la compagnia vita e quella danni di Sasa, dicendo che ciò era un obbrobrio. Anche in quel caso l’Isvap era desaparecida. Così come era scomparsa quando hanno lasciato che tutta la classe dirigenziale venisse cacciata, piuttosto che cercare di capire cosa stava succedendo e magari fermare lo scempio.

Adesso hanno di che vergognarsi, soprattutto nei confronti dei piccoli azionisti. Il buco, la voragine, sta venendo fuori in tutta la sua gravità. Se i signori dell’Isvap mi avessero fatto caso dieci anni fa non si sarebbe arrivati a questo punto. Ho visto come ragionavano i manager della stanza dei bottoni di Fonsai. Immagino che ancora adesso, nella stanza dei bottoni, stiano cercando di fare l’ennesima alchimia di bilancio. Ma ormai è già troppo tardi, il mercato intero li sta guardando. Non si possono fare più “ritocchi” o i classici giochi di riserva per far affiorare utili fasulli: i 790 milioni del 2011 più i 616 del 2010 fanno complessivamente un buco di 1,4 miliardi di sottostima delle riserve sinistri. La stanza dei bottoni lo sa. E sa anche di non essere più la stanza dei bottoni, ma solo la stanza del buco.

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