Santarossa – Quello che Panebianco ignora (vuole ignorare)

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NOTIZIE RADICALI 03/01/2014 – Quello che Panebianco ignora (vuole ignorare)

di Stefano Santarossa

La questione settentrionale, i fallimenti di Bossi-Berlusconi e i limiti di Renzi nel dare risposte alle richieste delle imprese. Oggi Angelo Panebianco, sul Corsera, ripropone il tema della questione settentrionale e si chiede chi sarà a raccogliere “la rappresentanza politica del Nord” visto il fallimento dei movimenti della Lega Nord e di Silvio Berlusconi di “dare all’Italia una egemonia nordista”. Correttamente Panebianco individua i limiti e gli errori dei progetti delle due formazioni politiche; per la Lega a prevalere è stata una visione economica protezionista che voleva trasformare il Nord in una macroregione incapace di rapportarsi con l’Europa, di comprendere la potenzialità dell’apporto della forza lavoro degli immigrati, visti invece solo come un pericolo e non in grado di comprendere quella parte di imprenditori e partite IVA che “chiedeva più libertà dai lacci politici e burocratici, nazionali e locali”.

Negli ultimi trent’anni la Lega Nord di Umberto Bossi è stato l’emblema di una partitocrazia interessata ai consigli di amministrazione degli istituti bancari e delle varie partecipate, un sistema di potere che ha preso il posto di quello della Democrazia cristiana. Silvio Berlusconi con Forza Italia, nata come organizzazione antistatalista, dovendo fare “il pieno elettorale, sia in Lombardia che in Sicilia o In Campania” ha clamorosamente fallito nel tentativo di riformare e dare maggiore libertà ai cittadini e alle imprese dallo Stato. Panebianco nell’articolo si chiede se la rappresentanza del Nord possa passare a Matteo Renzi e al suo progetto di riforme partendo dalla popolarità del Sindaco di Firenze e alla sua rete di tantissimi amministratori locali in particolare nel nord d’Italia. Ma è proprio questo il limite del nuovo segretario del Pd, essere il rappresentante del potere e della burocrazia locale, quella che negli ultimi anni ha moltiplicato la presenza dello Stato, Regione, Province nell’economia impedendo le liberalizzazioni e privatizzazioni, aumentando il numero dei dipendenti dello Stato creando nuove società di servizi controllate dalla mano pubblica e impedendo la reale concorrenza e l’affermarsi degli operatori ed imprese private. Si pensi ad esempio al proliferare di consorzi pubblici, che utilizzando il potere partitico, per occupare il mercato. Porto l’esempio dell’Atap di Pordenone, nata nel 1976 nel settore di trasporti, oggi detiene il monopolio del settore del trasporto pubblico in Friuli ed ha allargato il suo business in altri settori. Detiene infatti il 30% della Snua (trattamento dei rifiuti) e investe nel settore delle costruzioni.

Questa societá, come riporta il Messaggero Vento in un articolo, “costruita in decenni di gestione e contributi regionali, è servita a realizzare operazioni politico-finanziarie e soddisfare gli enti locali soci alle prese con le ristrettezze di bilancio, una ricchezza che invece di occuparsi del miglioramento dei servizi, si è tradotta in indennità agli amministratori concesse senza troppe discussioni, rimborsi spese e consulenze”. Ritengo che il progetto messo a punto da Valerio Federico, tesoriere di Radicali Italiani, di liberalizzazione di quei “servizi pubblici” che hanno svuotato il portafoglio ai cittadini, rappresenti la chiave per la rinascita dell’economia italiana ed in particolare del Nord.

La ripresa economica necessita di reali privatizzazioni e dismissioni dei vecchi carrozzoni pubblici e dell’adozione di nuove contromisure al dissesto finanziario degli Enti locali, imponendo ai Comuni come alle Regioni e alle Provincie di prevedere da subito un bilancio consolidato che comprenda anche i conti delle società pubbliche. “Nel Paese – ha recentemente dichiarato Valerio Federico – si fa riferimento da anni a fumosi piani di privatizzazione, ma si continua a negare l’evidenza che il nuovo corso dell’economia italiana passa anche dalla capillare liberalizzazione e privatizzazione di tutti quei servizi pubblici che hanno prodotto perdite e sprechi, a partire da quelli delle ex municipalizzate che hanno garantito ai cittadini solo disservizi”. I radicali se sapranno cogliere questo progetto, con l’apporto di imprese e cittadini, potranno riprendere il progetto riformatore incardinato oltre tredici anni fa con i referendum liberali e liberisti e riconquistare l’elettorato disilluso dalla destra e dalla sinistra, quel popolo delle partite IVA e del ceto produttivo che maggiormente è penalizzato nell’attuale crisi.

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