I contrari all’eutanasia violano la carità

IL PICCOLO (Trieste) 10/10/2013 – I contrari all’eutanasia violano la carità

L’INTERVENTO DI VALERIO POCAR *

Perché non consentire la morte quando le sofferenze sono insostenibili? Tuteliamo piuttosto la volontà di un essere umano

Ho letto l’intervento in tema di eutanasia di Giovanni Grandi sul Piccolo di qualche giorno fa con interesse, ma anche con sconcerto. Nell’argomentazione di Grandi vengono mescolate situazioni tra loro del tutto diverse, talune che consentono certe risposte e talune che ne suggeriscono altre, che poi s’incrociano tra loro, sicché risposte buone in un caso vengono attribuite ad altri casi che le contraddicono o che non le consentono e, alla fine, sembra che vinca il frullatore. Metodo non proprio nuovo, già raccomandato da Schopenhauer nel geniale e disincantato trattatello “Die Kunst, Recht zu behalten” (L’arte di ottenere ragione).

Trucco dialettico usato frequentemente in tema di eutanasia e che, proprio su questo tema, ho avuto modo di criticare già da almeno dieci anni. Grandi evita di ricondurre il suo ragionamento a criteri etici generali e così dimentica la prima delle norme etiche, quella per cui è immorale recare al prossimo un danno ingiusto. È questo un principio che rappresenta il corollario del principio della libertà, cioè che la nostra libertà può espandersi senza limiti, finché non incontra l’eguale libertà del prossimo. Principio tanto ovvio che viene spesso inteso in modo grossolano, immaginando le sfere delle libertà individuali come bolle di sapone, senza considerare la qualità delle relazioni tra gli individui e, quindi, il peso degli interessi che li pongono in contatto. Si tratta, invece, di aspetti della più grande importanza, che esigono un contemperamento degli interessi sulla base di criteri di valutazione offerti dalle regole giuridiche e sociali.

Proprio con riferimento a questi princìpi possiamo e anzi dobbiamo (ahi!, i verbi modali che non piacciono a Grandi…) distinguere tra i casi in cui l’interesse in gioco (e quindi le ricadute delle scelte) riguardano solamente l’individuo e i casi in cui sono in gioco interessi contrastanti, e le conseguenze delle scelte ricadono su altri individui. Ecco perché accostare lo stupro e l’eutanasia, come fa Grandi, è un puro artificio dialettico. Invero, nel caso dell’eutanasia l’unico soggetto implicato è colui che la richiede e le conseguenze della scelta ricadono solamente sul soggetto medesimo, che quindi ha titolo di esprimere liberamente la sua volontà. Nel caso dello stupro, invece, viene implicato anche un altro soggetto, la cui libertà è un bene prezioso e gli interessi del quale vanno tutelati, e non v’è certo da meravigliarsi se la legge vieta la violenza sessuale.

Consentire l’eutanasia a coloro che la richiedono non offenderebbe e non danneggerebbe alcun altro soggetto (e tanto meno i verbi modali!). L’unica entità che ne verrebbe offesa sarebbe solamente l’ideologia che ispira il pensiero di Grandi, che – ce lo consentirà – rappresenta un interesse, per quanto rispettabile, certo meno degno di considerazione di quello di tutelare la volontà di un essere umano che chiede di porre fine a una sofferenza intollerabile. Non consentire l’eutanasia quando le sofferenze sono insostenibili e la qualità della vita è svanita appare, piuttosto, una scelta in violazione della virtù teologale della carità.

*già ordinario di Bioetica e sociologia del diritto all’università di Milano-Bicocca

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